Mercati Tra Elezioni, Dati Macro e Trimestrali: Chi Reggerà il Colpo?
07 Novembre 2024 _ News
Continua sui mercati una fase di apparente consolidamento. La volatilità sui mercati aumenta, complice l'esito delle recenti elezioni presidenziali. Il VIX risale verso l'area dei 20 punti, mentre il settore obbligazionario registra un incremento della turbolenza. Il Move Index è in rialzo e i tassi di interesse si mantengono ai livelli più elevati dal primo intervento di riduzione da parte della FED a settembre, con il rendimento del decennale americano che ha toccato il 4,3%.
A influire sulla volatilità del mercato obbligazionario abbiamo anche avuto una settimana ricca di dati macroeconomici, con il PIL di Germania e Francia che ha superato le aspettative (anche se entrambi hanno risentito positivamente di alcuni elementi una tantum, come le olimpiadi nel caso della Francia o una revisione al ribasso del dato del mese precedente nel caso della Germania). In Europa, abbiamo anche avuto alcuni dati sull'inflazione più alti delle stime, a causa della scomparsa dell'effetto base favorevole che aveva invece aiutato nei mesi precedenti.
Tutti questi dati fanno pensare al mercato che la BCE potrebbe prendersela con più calma nel percorso di riduzione dei tassi, con il mercato che diminuisce le probabilità di un taglio di 50 punti base nel prossimo meeting.
Anche negli Stati Uniti sono stati pubblicati diversi dati macro, tra cui un PCE, ovvero il principale indicatore di inflazione preferito dalla FED, in linea con le attese, e buoni dati sul mercato del lavoro, con richieste di sussidi di disoccupazione più basse del previsto e un tasso di disoccupazione che si conferma al 4,1%. Il dato molto atteso relativo alle buste paga del settore non agricolo, uscito con un valore di 12.000 unità, ben inferiore alle 100.000 unità attese, sembra però essere legato all’effetto distorsivo degli uragani, ed anche questo dato è stato interpretato come un segnale positivo per il mercato del lavoro.
Il recente aumento di ben 75 punti base nei tassi decennali è iniziato il giorno dopo la riduzione dei tassi di 50 punti base da parte della Fed.
Secondo alcuni bond bear, la Fed riaccenderà l'inflazione tagliando i tassi mentre l'economia rimane forte. Altri temono che i deficit fiscali siano fuori controllo e che ciò possa portare, anche in questo caso, a un'inflazione. Anche due famosi investitori, Tudor e Druckenmiller, si sono schierati di recente pubblicamente contro il tasso americano, temendo che una presidenza di Donald Trump e il controllo repubblicano del Congresso aumenteranno i deficit, con conseguente elevata inflazione. Ogni volta che i media riportano posizioni così forti, è forse il caso di ricordarsi dell’approccio contrarian, che anche noi preferiamo con un orizzonte temporale che vada oltre la volatilità di breve periodo legata alle presidenziali e alle narrative del momento. Crediamo che, dal lato opposto di un passivo in aumento nel bilancio federale, ci sia infatti uno degli asset più solidi al mondo: le grandi aziende americane, aziende indiscusse e leader a livello globale, presenti nei portafogli di tutto il mondo. Fino a quando questo assioma sarà vero, pensiamo che il livello del debito non sarà mai il vero problema americano.
Non solo macroeconomia, ma soprattutto reporting season che, a questo punto, ha visto quasi tutte le "magnifiche sette" all’appuntamento con i risultati trimestrali. La stagione degli utili continua nel complesso in maniera positiva e nel 75% dei casi le società hanno registrato delle sorprese positive sugli utili.
Nel caso delle "Magnifiche Sette" possiamo evidenziare degli ottimi numeri di crescita da parte di tutte, ma a fare la differenza sono le indicazioni e le previsioni per il futuro. Nel caso di Alphabet e Amazon queste sono piaciute al mercato, mentre nel caso di Meta e Microsoft no. Le società hanno lanciato principalmente tre messaggi: la domanda legata all'AI continua a essere molto forte, ma le aziende stanno facendo fatica a stare dietro agli investimenti necessari; queste dinamiche stanno facendo aumentare sempre più tra gli investitori il timore che le marginalità potrebbero presto risentirne. D'altronde, quando le valutazioni diventano elevate, come nel caso di molte aziende tecnologiche, è molto più facile trovare la scusa per vendere piuttosto che per comprare.
Gli investimenti in conto capitale delle Big Tech sono destinati a superare i 200 miliardi di dollari quest'anno e ad aumentare ulteriormente nel 2025. Ciò evidenzia come il mondo stia cambiando e come, per stare al passo con i tempi, siano necessari ingenti investimenti.
Si stanno delineando nuovi business, ma non sono ancora chiari diversi aspetti, a partire da quale sarà il modello di business, cioè come riusciranno queste aziende a farsi pagare per i nuovi servizi, a quanta domanda ci sarà da parte dei clienti e se questi investimenti, come già successo, non creeranno un eccesso di offerta. Fino ad arrivare alla domanda chiave: chi vincerà la corsa all’AI?
Queste aziende sono destinate a investire molto per non scomparire, ma il focus degli investitori si sta sempre più spostando sulle marginalità attese e sul capire chi uscirà vincitore e chi uscirà perdente da questa rivoluzione tecnologica.
Tutte domande a cui non è possibile rispondere oggi, ma a cui il mercato sta già attribuendo un premio valutativo molto rilevante che non lascia spazio a errori da parte delle società e a cui, ad esclusione di Alphabet e poche altre, nessun margine di sicurezza per gli investitori.
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